San Vito Lo Capo

Il borgo di tradizione marinara è rinomato soprattutto per il mare limpidissimo e par la sabbia fine che lo rendono un piccolo paradiso naturale tanto da entrare a far parte delle 300 località con spiagge più belle d’Italia ed aver ricevuto la prestigiosa Bandiera blu d’Europa. 

Il suo paesaggio è un susseguirsi di alte ed irte rocce, spiaggette, grotte, cinquecentesche torri di difesa, bagli che si estendono dalla suggestiva costa di Macari con Baia Santa Margherita e le incantevoli Cala Rossa, Cala Mancina, Scoglio dell’Isulidda e Bue Marino dove il mare assume colori cangianti; tutto incorniciato dalla riserva di Monte Cofano, ad Ovest e la Riserva dello Zingaro ad Est che custodisce uno dei tratti di costa più belli ed integri della nostra isola che per tutti i suoi 7 chilometri offre una splendida macchia mediterranea ed una preziosa e rigogliosa Palma Nana), passando per  Monte Monaco, alto 532 metri e Contrada Sauci con lo splendido laghetto di Venere. 

Arrivare sul pizzo di monte Monaco è un’esperienza unica ed irripetibile. Ti si mostrano dinanzi tre golfi insieme: di Castellammare, di San Vito e di Cofano fino a scorgere, in lontananza e nelle giornate limpide e di grande visibilità, l’isola di Ustica. Dal basso invece, più ti avvicini al monte, più esso assume due forme, ora quella di un prete in preghiera, ora quella di un cane in corsa.

Le numerose grotte con i loro graffiti, pitture e materiali litici, ci raccontano della presenza dell’uomo sin dall’età preistorica: la grotta dell’Uzzo (nella Riserva dello Zingaro) ci ha restituito frammenti di vasi e selci; la grotta dei Cavalli (Piana di Sopra) conserva pitture neolitiche dipinte in rosso, con disegni labirintici, simboli solari e figure antropomorfe, per citarne alcune…

Ma questa piccola località offre molto altro oltre al mare…

Essa è si è sviluppata tra il XVIII e il XIX secolo attorno ad una fortezza santuario, dedicata a San Vito, la cui festa si celebra dal 13 al 15 Giugno tra bande musicali, sfilate e giochi pirotecnici.

Secondo la tradizione, San Vito, abbandonata la sua città, Mazara, passò da Egitarso o Egitallo, denominazione romana del sito, nel III secolo d.C., assieme al precettore Modesto e alla nutrice Crescenzia. Visse nelle caverne della zona, dedito alla preghiera e  nutrito da un corvo.

Si racconta che dopo il martirio del Santo, avvenuto intorno al 300 d.C. presso la foce del fiume Sele, ad Egitarso sorse una chiesetta, rinnovata nel XV secolo, e divenuta successivamente santuario-fortezza, per volere degli abitanti di Erice nel cui comprensorio ricadeva il territorio di San Vito, per dare ai pellegrini alloggio e protezione dalle incursioni piratesche. 

E’ credenza popolare che San Vito avesse cercato di convertire la popolazione del villaggio di Conturrana. Dio li avrebbe puniti per il loro rifiuto con una frana che seppellì il centro abitato nell’attuale contrada Valanga. L’edicola di Santa Crescenzia ricorda invece il luogo in cui la frana si fermò. La Santa tuttavia trasgredendo l’ordine divino di non voltarsi per non assistere al castigo di Dio, divenne di pietra per lo spavento: secondo un’antica credenza popolare, per scaricare u scantu (paura), bisogna buttare delle pietre dentro l’edicola.

Il santuario, che custodisce all’interno un significativo museo, si presenta impreziosito da marmi locali e da statue in marmo di Orazio Ferraro risalenti al ‘600. La statua del santo, opera ganginesca, risale al 1587.

La passeggiata tra le vie del borgo ti conduce lungo il litorale, sino a raggiungere, ad Ovest,  il faro (1854), altro simbolo del borgo. E’ uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi. Con i suoi 43 metri di altezza ed un fascio di luce bianca che lambisce i tetti delle basse case e  la montagna fino a perdersi all’orizzonte, regala emozioni uniche e bellissime; la sua luce arriva sino ad oltre venti miglia marine, è per questo uno dei più importanti della Sicilia. 

Ad Est invece puoi raggiungere Golfo del Secco dove si trova l’impianto a terra di una dismessa tonnara, con l’omonimo nome, della quale si hanno testimonianze dal 1412 e che è stata resa nota da alcune scene della serie TV Il Commissario Montalbano e Cefalonia. 

Particolarmente interessante e curiosa la presenza, nelle cristalline acque di fronte la tonnara, del relitto del cargo cipriota Kent, affondato nel 1978 a causa di un incendio e conosciuto anche come nave dei Corani per il suo carico di libri, oggi adagiato su un fondale di sabbia a circa 48 mt. di profondità.

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